Approfondimento Disfunzioni cranio cervico mandibolari
Argomentazioni tratte dal libro del dr. G. de Nicolo “Dall’otoneurologia alla posturologia statica e dinamica” coautore con dr. P. Ranaudo, dr. F. Grazioli, dr. C. Condorelli
DISFUNZIONE CRANIO CERVICO MANDIBOLARE (DCCM)
Con DCCM s’intende un disturbo del sistema masticatorio la cui origine parte dalla sofferenza della muscolatura masticatoria e/o dell’ATM. Questo quadro sintomatologico viene diagnosticato e riconosciuto non tanto per la sua patogenesi o per la sua eziologia ma per la sintomatologia che fa da guida alla nostra diagnosi. Non esiste un rapporto diretto tra sintomi guida e DCCM, infatti, la sintomatologia non è patognomonica del disturbo poiché altre patologie possono presentare gli stessi sintomi. Attualmente le DCCM vengono classificate utilizzando come criterio descrittivo la para-fisiologia. Abbiamo, quindi, quelle dovute a disturbi muscolari, a discopatie , artrosi e problematiche del rachide cervicale. I segni della DCCM si riscontrano con una scarsa prevalenza già in soggetti in età pediatrica (3-6 anni) per poi aumentare rapidamente fino ad avere negli adolescenti la stessa frequenza rilevata nei soggetti adulti.
EZIOLOGIA
Prima di parlare di eziologia vanno rilevati tre dati.
- I DCCM non possono essere ricondotti a una sola causa.
Infatti, sono molteplici i fattori che interagiscono e hanno effetto sulle
strutture dell’apparato stomatognatico. - Il dolore è determinato da una complessa e dinamica interazione tra fattori meccanici, biologici e psicoemotivi.
- Con buona probabilità, in meno del 20% dei casi il dolore diventa cronico.
Il problema principale da risolvere nella clinica, non è stabilire quale sia il fattore responsabile del DCCM, ma determinare in quale misura i diversi fattori concorrono nell’eziologia. La conoscenza di questi fattori è determinante nella scelta terapeutica.
I ricercatori hanno provato invano di individuare i fattori eziologici. La maggior parte di quelli proposti sono stati spiegati sulla base di dati statisticamente significativi. Purtroppo la presenza di un valore statisticamente significativo non implica che ci sia un rapporto diretto causa-effetto. Quindi non conoscendo precisamente quali siano le cause dei DCCM si parla di fattori: predisponenti, scatenanti, perpetuanti o condizionanti.
Si può dire che i fattori predisponenti vanno intesi come suscettibilità tissutale alla comparsa della patologia. Sono quelli che aumentano il rischio di insorgenza di una DCCM e vengono divisi a loro volta in sistemici, strutturali e psicoemotivi. Il fattore predisponente può estrinsecarsi su base genetica o acquisita.
Su base genetica: esplica la sua azione a livello cellulare e può interessare la componente neuromuscolare, i legamenti, la struttura ossea.
Su base acquisita:
• Aspetti traumatici locali: vanno oggettivati in pregresse fratture delle ossa mascellari, in particolari del condilo mandibolare e in lacerazioni dei legamenti articolari, della capsula, dei muscoli.
• Aspetti traumatici sistemici: in questo ambito vanno inseriti tutti i traumatismi che interessano l’apparato scheletrico e che determinano un’alterazione permanente, diretta o indiretta, dell’atteggiamento posturale con tutte le secondarie ripercussioni sulla postura di testa e collo.
• Alterate afferenze sensoriali: ogni recettore periferico è importante per definire e gestire la funzione posturale. Ogni alterazione temporanea o permanente di recettori sensitivi, visivi, uditivi, propriocettivi, tattili ecc, può determinare variazioni temporanee o permanenti della posizione cefalica che si ripercuote sull’articolazione atlantoccipitale e atloassiale e comportare alla lunga una vera e propria forma di “torcicollo” per contrattura più o meno permanente del muscolo sternocleidomastoideo (SCM).
• Odontalgie e relativi dolori riflessi: tutte le patologie dentali che determinano un’alterata funzione dell’apparato stomatognatico. Sono particolarmente da sottolineare le inversioni alveolari, lo stato torsionale della mandibola a seguito di perdita della dimensione verticale occlusale posteriore unilaterale o bilaterale.
• Gli aspetti carenziali vanno ricercati, in particolare, nella composizione della dieta, nelle deficienze vitaminiche, nella ipocalcemia e nella ipopotassiemia.
L’avitaminosi C provoca nell’uomo lo scorbuto. Il massetere è il muscolo che evidenzia la più alta suscettibilità alla carenza della vitamina C. Nonostante oggi lo scorbuto sia completamente scomparso, pur tuttavia una carenza sub-clinica della vitamina C può ugualmente alterare la normale attività muscolare. La carenza della vitamina D altera l’equilibrio calcio-fosforo. Un mancato apporto della vitamina D, pertanto, può interferire indirettamente sulla funzionalità muscolare a seguito del ridotto assorbimento intestinale del calcio. La carenza della vitamina B6 si estrinseca interferendo con l’attività fosforilasica. Le fosforilasi sono deputate alla produzione di energia nell’attività metabolica cellulare e, soprattutto, nella contrazione muscolare. La carenza di potassio può fungere da fattore predisponente a seguito delle strette correlazioni tra normo potassiemia ed attività neuromuscolare. L’ipocalcemia influenza i meccanismi che governano la funzione neuromuscolare e rappresenta un fattore predisponente di alto rischio nella genesi del DCCM. La carenza estrogenica svolge un ruolo sfavorevole attraverso uno stato di sofferenza muscolare ed un rallentamento dell’attività osteoblastica. Può comportare l’insorgenza di una sintomatologia stomatognatica sia per compromissione della funzionalità muscolare, sia per carenza del substrato proteico fibrillare della ossa mascellari. Nell’ambito delle disendocrinie sono da considerare quali fattori predisponenti gli stati di iper e ipoparatiroidismo, di iper ed ipotiroidismo ed alcuni ipercorticalismi surrenali.
• I fattori scatenanti correlabili alle parafunzioni dell’apparato stomatognatico (bruxismo e serramento) che determinano un precipitare di quadri clinici e sintomatici precedentemente latenti. L’apparato stomatognatico è stato progettato per entrare in funzione a pieno regime, (ovvero in massimo contatto), solo alcuni minuti nel corso delle 24 ore, questo avviene durante la masticazione e durante gli atti deglutitori. Pertanto una parafunzione che si protrae per lunghi periodi o che sviluppa carichi abnormi anche per tempi brevi, può determinare un quadro patologico anche su apparati stomatognatici pressoché sani.
• I fattori perpetuanti o condizionanti, vengono correlati con la soglia di adattabilità individuale e sono da ricercare nella sfera psicoemotiva e strutturale. Gli influssi esterni vengono elaborati dai sistemi con l’adattamento progressivo (gestito dal tessuto connettivo) o la compensazione (gestito dal sistema muscolare). Fino a quando un sistema non si trova in uno stadio di adattamento o di compensazione può essere difficile anamnesticamente rilevare segni e sintomi evidenti. Quando la sollecitazione supera la capacità del sistema di adattarsi, si arriva all’adattamento regressivo o allo scompenso, che si manifesta con alterazioni formali distruttive e sintomatologiche. Un paziente sintomatico che si presenta alla nostra osservazione ha spesso esauriti tutti i meccanismi di adattamento e di compensazione.
E’ un errore, comunque, cercare sempre di far rientrare i diversi fattori in una determinata categoria perché un fattore che scatena la DCCM in un paziente, può non determinare nulla in un altro soggetto o diventare un fattore perpetuante in un altro ancora.
Cenni sulla diagnosi differenziale
Dolori odontogeni
Numerose afferenze nocicettive provenienti da diversi distretti, vascolari, cutanei, pulpari, muscolari o di altro tipo, convergono nei nuclei sensitivi trigeminali: ciò spiega come i dolori provenienti da queste strutture siano difficilmente localizzabili e possano essere anche a settori lontani. Patologie acute o croniche della polpa dentale o del parodonto, possono causare dolori cefalgici e facciali e viceversa, cefalee e dolori facciali possono anche celare odontalgie.
Mioartropatie e malattie reumatiche
Citiamo semplicemente, senza approfondire, le diverse patologie degenerative dei capi articolari che possono avere ripercussioni a livello dell’apparato stomatognatico:
• malattie statico-degenerative che possono interessare direttamente l’ATM ma anche il rachide cervicale.
• sindromi localizzate e/o generalizzate dei tessuti molli.
Queste forme patologiche vengono anche chiamate periartropatie e possono coinvolgere le diverse strutture attorno alle articolazioni (tendinomiosi, borsopatie, legamentosi ecc.)
• Fibromialgia, questa patologia colpisce soprattutto le donne . E’ una sindrome dolorosa generalizzata, localizzata ad almeno tre regioni corporee e a carico dei tessuti molli, con la presenza di tipici punti dolorosi alle inserzioni tendinee dell’intero apparato locomotore.
Malattie reumatico-infiammatorie
• Poliartrite cronica, l’interessamento delle ATM si ha nel 50% dei casi e compare , abitualmente , in uno stadio avanzato della malattia. Può portare ad una completa distruzione delle ATM con l’insorgenza di un morso aperto.
• Poliartrite cronica giovanile, si distinguono tre forme : una forma sistemica, una forma a decorso poliarticolare e una forma con interessamento oligoarticolare.
• Arterite temporale, è una vasculite a cellule giganti che colpisce prevalentemente le arterie di calibro medio, soprattutto del distretto craniale e i vasi arteriosi degli arti superiori negli individui tra i 60 e i 75 anni di età.
Artropatie spondilari sieronegative, la forma più frequente di queste patologie è la spondilite anchilosante. Si tratta di una malattia reumatico infiammatoria con decorso cronico che inizia tra i 15 e i 40 anni.
Anche l’Artropatia psoriasica e le artriti reattive rientrano tra le artropatie sieronegative.
• Collagenosi, tra cui il lupus erythematosus che può portare attraverso interessamento flogistico dell’ATM a disturbi della masticazione in seguito ad artropatia distruttiva.
Degna di nota è anche la sclerosi sistemica che attraverso una progressiva fibrosi dei tessuti sottocutanei e di altre strutture collagene può provocare una progressiva limitazione dell’apertura della bocca.
Cefalee
• Emicrania, questa sindrome dolorosa è caratterizzata da attacchi molto intensi di dolore accompagnati da almeno uno di questi sintomi: nausea, foto e fonofobia, ipersensibilità agli odori e periodicità. Associati a unilateralità a pulsatilità, aggravamento durante lo sforzo fisico.
I dolori possono localizzarsi parzialmente o totalmente al viso, ai denti o alla mandibola. In questi casi i dolori possono essere confusi con una nevralgia del trigemino o con vere e proprie odontalgie che possono indurre ad avulsioni dentali ingiustificate e inutili.
• Cefalea a grappolo è caratterizzata da uno o molti attacchi in 48 ore con durata che varia dai 15 ai 180 minuti. Gli attacchi si presentano raggruppati e spesso si ripresentano con cadenza regolare, anche con intervalli di mesi o anni.
• Cefalea cronica parossistica ha caratteristiche similari alla cefalea a grappolo ma con durata più breve dai 2 ai 45 minuti. Spesso la diagnosi differenziale rispetto alle altre cefalee viene confermata dalla risposta positiva alla somministrazione di indometacina.
Nevralgie
• Nevralgia idiopatica del trigemino, questa nevralgia che abitualmente è unilaterale, può coinvolgere uno o più rami del trigemino. La sintomatologia dolorosa è contraddistinta da attacchi algici lancinanti e parossistici di breve durata (da secondi a minuti). Il dolore è lancinante e descritto come se fosse provocato da scosse elettriche e inizia e termina repentinamente.
• Nevralgia del glossofaringeo il dolore è localizzato all’orecchio, alla base della lingua, alla fossa tonsillare o posteriormente all’angolo della mandibola ed è abitualmente scatenato dalla deglutizione, dalla tosse e dal parlare.
Altre nevralgie interessano il nervo intermedio, il nervo laringeo superiore, la nevralgia occipitale .
Per la diagnosi differenziale di cefalea o di nevralgia è determinante l’anamnesi in quanto mancano segni neurologici. E’ importante una corretta descrizione del dolore: durata, andamento, frequenza, sede, segni premonitori, periodi di tregua.
Cenni sulla patogenesi
• Problemi discali: un click articolare, un’incoordinazione condilo meniscale possono essere l’effetto sia di una problematica occlusale che di una alterata postura di testa e collo.
• Problemi muscolari : la patogenesi è su base tensivo-miogena.
La sintomatologia clinica trova la sua spiegazione nello spasmo muscolare.
Lo spasmo muscolare è l’estrinsecazione della dinamica propriocettiva alterata ed in seguito della incoordinazione muscolare che lo stato disgnatico, primariamente o secondariamente, comporta.
Il tono di base alterato comporta l’instaurarsi di una sofferenza muscolare, che passando dallo splinting muscolare può arrivare sino alla comparsa dello spasmo per poi evolvere verso la comparsa di “trigger points”. La sintomatologia clinica trova la sua spiegazione nello spasmo muscolare.
Qui di seguito elenchiamo a titolo esemplificativo solo alcune mappe algiche riferite alla sofferenza di muscoli specifici:
Fig.2 – Dolore riferito per sofferenza dei muscoli suboccipitali, la X indica la localizzazione dei relativi T.P.s
Fig.3 – La X indica la sede dei T.P.s del muscolo PTE capo superiore e inferiore, in rosso il relativo dolore riferito
Fig.4 – La X indica le sedi dei relativi T.P.s, in A la localizzazione dei muscoli, in B il muscolo multifido e relative zone dolenti, in C il muscolo semispinale del collo e relativi dolori riferiti, in D muscolo semispinale del capo e r.d.r.
Problemi relativi all’alterata chinesiologia mandibolare: si manifestano con la comparsa di una latero-deviazione mandibolare, nella fase di apertura della bocca, verso il lato dell’ATM lesa.
Non è raro il riscontro di una riduzione notevole del grado di apertura della bocca, fino, talvolta, al blocco completo delle ATM. L’esame clinico, delle ATM, rileva la presenza di scrosci o click articolari e l’asimmetria dinamica dei tragitti condilari. La patogenesi dell’alterata chinesiologia mandibolare va ricercata nello spasmo muscolare che la disarmonia occlusale e posturale comportano. Tale alterazione dei tragitti condilari è riscontrabile sia clinicamente che attraverso l’utilizzo di apparecchiature elettroniche come: condilografo, kinesiografo.
Problemi relativi ad alterata postura cervicale
L’alterata postura cervicale va interpretata quale compenso alla posizione spaziale che la mandibola assume sia in posizione di riposo sia durante l’attività funzionale . Bisogna inoltre considerare che l’alterata postura cervicale può essere adattativa a qualsiasi patologia persistente che turbi la dinamica vertebrale a valle (dismetria degli arti inferiori, squilibri pelvici, disturbi ortottici, ecc.). Il rachide cervicale si divide in due parti; una parte superiore costituita dalle prime tre vertebre, che permettono più movimenti di rotazione che di inclinazione laterale. Queste sono legate al ruolo fondamentale di mantenere l’orizzontalizzazione dello sguardo e di equilibrare la testa sul resto del rachide. La parte inferiore ha la possibilità di compiere l’intera gamma di movimenti con una prevalenza di quelli di flessione anteriore e d’inclinazione laterale. I movimenti del rachide cervicale inferiore dipendono sempre da quelli del tratto superiore che riveste comunque un ruolo di comando. Vale la pena ricordare come la compressione dello spazio occipito-atlantoideo possa portare a deformazione e/o disfunzione dei fori giugulari e dei fori laceri della base cranica. Attraverso il foro giugulare passa la vena giugulare e i nervi cranici: accessorio (XI), vago (X) e glossofaringeo (IX). Una disfunzione di tali nervi può determinare alterazioni del riflesso faringeo, della sensibilità gustativa del terzo posteriore della lingua, difficoltà nella deglutizione, aritmie cardiache, disturbi della digestione legati a distonie vagali. Inoltre si possono avere anomalie del tono muscolare di SCM, trapezio e conseguentemente dei muscoli pterigoideo interno(PTI) e pterigoideo esterno (PTE).
Il foro lacero è strettamente collegato al nervo grande petroso superficiale, che influenza l’apporto sanguigno ai lobi occipitali del telencefalo (il cui deficit può provocare disturbi visivi) e alla tuba uditiva di Eustachio (con possibili disturbi otovestibolari).
Attraverso l’atlante e l’epistrofeo passa l’arteria vertebrale che a questo livello compie due curve terminali prima di convergere e fondersi con il ramo controlaterale nel tronco basilare. Un segno patognomonico di deficit della portata dell’arteria vertebrale, causato da malposizione dell’atlante rispetto all’osso occipitale, è una diminuzione della convergenza tonica oculare associata ad exoforia, che comporta astenia accomodativa con possibilità di diplopia transitoria in seguito al deficit d’irrorazione della formazione reticolare bulbare. Se la postura cervicale permane alterata nel tempo, essa può comportare l’instaurarsi di lesioni degenerative con conseguente comparsa di una sintomatologia algica, che può simulare l’artrosi cervicale.
• Problematiche posturali: bisogna distinguere tra problematiche ascendenti e discendenti. Bisogna distinguere tra soggetti ipotonici e ipertonici. Bisogna distinguere tra soggetti traumatizzati e non traumatizzati. Bisogna distinguere tra soggetti che svolgono prevalentemente attività statica e sedentaria e soggetti che svolgono prevalentemente attività dinamica e motoria. Come si può vedere le variabili sono molteplici e individuali. Pertanto ci si può trovare davanti ad un paziente, che in seguito alla sua attività lavorativa “dinamica”, presenta dolore persistente ad un piede per colpa di una latero deviazione mandibolare. Oppure ci si può trovare davanti ad un paziente, che svolge attività prevalentemente “sedentaria”, con quadro clinico e sintomatologico di DCCM per colpa di un’ernia lombare pregressa.
• Problematiche auricolari: i sintomi auricolari comportano comparsa di dolore in sede otogeno, senso di pienezza del canale auricolare, ronzii, diminuzione dell’udito, vertigini. Il dolore otogeno è localizzato in sede profonda, con irradiazioni per lo più verso il muscolo sternocleidomastoideo, talvolta verso la regione nucale o verso la regione mastoidea. La sintomatologia otogena è dipendente dallo stato di spasmo che, nel corso della DCCM, si instaura anche a carico dei muscoli tensore del palato e tensore del timpano.
Fattore tempo
Durante la valutazione dei pazienti, portatori di problematiche cranio-cervico-mandibolari, è importante saper definire, attraverso l’anamnesi, i tempi e le modalità di comparsa della noxa patogena, affinché ci si possa orientare verso la causa scatenante evitando di concentrarsi solo sugli effetti.
Cenni sulla terapia
La terapia può essere causale o sintomatica.
La terapia causale viene utilizzata in genere per le malattie acute. La condizione del malato cronico viene affrontata con diversi approcci terapeutici che per essere efficaci non devono limitarsi a ridurre i sintomi della malattia ma devono apportare un miglioramento generale nella vita del paziente.
Poiché nelle DCCM:
- alcune patologie non sono curabili, come l’artrosi e alcune forme di discopatia,
- i fattori stressanti sono spesso la causa del perpetuarsi della problematica,
- l’eziologia è spesso complessa e i fattori eziologici sono di difficile individuazione,
- la patofisiologia può apparire poco chiara,
ne consegue che l’approccio terapeutico sintomatico appare il più indicato nei soggetti con problematiche di tipo cronico.
Le possibili modalità terapeutiche possono essere:
- terapia cognitivo comportamentale e di rilassamento.
- terapia farmacologica.
- terapia occlusale con placca.
- trattamento fisioterapico.
- terapia chirurgica.
Terapia cognitivo comportamentale
Il medico deve motivare il paziente a riconoscere le proprie abitudini orali errate e a metterle in relazione a condizioni di vita specifiche. Per poi poter evitare le parafunzioni e imparare un comportamento positivo. La terapia del rilassamento è particolarmente indicata quando si voglia insegnare al paziente un miglior controllo dell’attività neuro-muscolare e una migliore postura mandibolare. Tale terapia può essere utile per indirizzare il paziente a psicoterapia.
Terapia farmacologica
Gli obiettivi principali di questo approccio terapeutico sono l’analgesia, l’eliminazione o la riduzione dell’infiammazione e, se necessario, la diminuzione del tono muscolare o della iperattività muscolare.
Per raggiungere questi obiettivi sono utili quattro tipi di farmaci:
- Analgesici;
- Antireumatici;
- Miorilassanti;
- Antidepressivi.
Ognuna di queste famiglie di farmaci ha delle indicazioni specifiche e il loro uso va differenziato in base al quadro clinico e sintomatologico del paziente. Prima di prescrivere dei farmaci, vanno valutati criticamente i vantaggi della terapia farmacologica rapportandoli agli effetti collaterali negativi. Bisogna inoltre considerare che una eventuale terapia farmacologica non può essere protratta per tempi troppo lunghi.
Terapia occlusale
La terapia con placca occlusale detto “Bite”, consente il riequilibrio muscolo scheletrico al fine di ridurre le tensioni a carico di ATM, muscoli masticatori e legamenti che concorrono sintomatologicamente verso altri distretti corporei.
Il trattamento fisioterapico
Le misure fisioterapiche e/o osteopatiche non sono da considerarsi terapie secondarie, ma sono parte integrante del piano terapeutico globale.
Gli obiettivi del trattamento fisioterapico sono:
- Controllo del dolore;
- Diminuzione del tono e allungamento dei muscoli accorciati;
- Mobilizzazione delle articolazioni ipomobili.
Questi risultati vengono raggiunti attraverso:
- Massaggi;
- Esercizi di stretching;
- Esercizi di stabilizzazione e di coordinazione;
- Esercizi di mobilizzazione.
L’ampio impiego clinico della fisioterapia nella cura dei disturbi muscolo-scheletrici è adottato sulla base dell’esperienza clinica e di studi imperniati sul resoconto di casi (case report). La fisioterapia senza un approccio osteopatico non garantisce una persistenza, nel tempo, dei benefici raggiunti.
Terapia chirurgica
Nelle artropatie delle ATM in stadio avanzato (artrosi gravi, dislocazioni anteriori del disco permanenti con dolore, aderenze), non sempre si riesce ad ottenere risultati positivi con le terapie conservative citate. In questi casi la chirurgia può essere considerata un trattamento possibile, ma non necessario.
I pazienti hanno spesso aspettative eccessive dall’intervento chirurgico; per questo vanno informati del fatto che non è possibile ottenere una restitutio ad integrum e che a volte la sintomatologia non viene eliminata completamente.
La chirurgia può solo migliorare la sintomatologia tanto da non compromettere più la vita quotidiana. Più che la terapia a cielo aperto è consigliabile una chirurgia più conservativa come l’artroscopia e l’artrocentesi che danno meno esiti cicatriziali ed hanno un’incidenza alquanto bassa di perdita temporanea delle innervazioni trigeminale e facciale.