Giornale dell’Odontoiatra aprile 2010
Il succhiotto, oltre a favorire l’insorgenza di alcune malocclusioni , può aumentare il rischio di sviluppare otite media . Il fatto non è una novità , ma adesso la raccomandazione di disabituare i bambini al suo uso a partire dal sesto mese di vita è entrata nell’elenco dell’American Academy of Pediatrics
Per sconsigliare l’uso del succhiotto nei bambini c’è ora un motivo in più : oltre a favorire l’insorgenza di alcune malocclusioni , questa abitudine può aumentare il rischio di otite media .
Il fatto non è una novità, dato che le prime evidenze incominciarono ad accumularsi più di una decina di anni fa ma adesso la raccomandazione rientra nell’elenco dell’American Academy of Pediatrics e prevede di “ disabituare i bambini all’uso del succhiotto dal sesto mese per prevenire l’otite media “ .
Si tratta di una delle patologie più frequenti tra quelle diagnosticate in età infantile ,responsabile di numerose prescrizioni di antibiotico e notti insonni per i piccoli pazienti e i loro genitori .
Di particolare interesse per l’odontoiatra è il fatto che tra i fattori di rischio attualmente noti ce ne sono alcuni che riguardano i parametri occlusali .
I FATTORI DI RISCHIO DELL’OTITE MEDIA
L’otite media è provocata dalla flogosi del rivestimento muco periostale dell’orecchio medio di cui fa parte la tromba di Eustachio .
Questo piccolo canale collega la cavità del timpano con il rinofaringe e , grazie all’azione del muscolo tensore del velo palatino rende possibile lo scambio di gas tra orecchio e faringe , permettendo di eguagliare il livello di pressione nei due spazi anatomici e nelle cellule mastoidee .
In questo modo , inoltre, può avvenire il drenaggio delle secrezioni e l’orecchio medio rimane protetto dall’ambiente faringeo .
Il canale è normalmente chiuso in posizione di riposo, proteggendo l’orecchio medio dagli sbalzi di pressione che si verificano con le varie funzioni fisiologiche .
Nelle disfunzioni della tromba di Eustachio (Dte ) vengono ostacolati lo scambio di gas e il livellamento della pressione e può verificarsi il passaggio di microrganismi .Questi , a loro volta, possono causare infezioni che tendono facilmente a recidivare, soprattutto nei primissimi anni di vita ( l’incidenza di otite media tocca picchi del 70 % nei primi 12 mesi ). Inoltre , l’aria intrappolata nell’orecchio medio aumenta la concavità della membrana timpanica riducendo progressivamente la funzione uditiva.
Alla base delle Dte e dell’otite media vengono generalmente indicati tra i fattori alcune caratteristiche anatomiche ( variazioni di angolazione larghezza e lunghezza delle trombe ), specialmente in riferimento all’età infantile, ma nel corso del tempo si sono accumulate molte prove dell’importanza dei fattori neuromuscolari e ortognatodontici.
Risalgono agli anni Settanta le prime osservazioni tra Dte e difetti del mascellare superiore, in particolare la palatoschisi.
Attualmente si dispone di evidenze sulla connessione con una serie di parametri , quali l’altezza della volta palatina , le dimensioni del rinofaringe e il morso incrociato .
Altri autori hanno indagato l’effetto del trattamento ortodontico sulla Dte e sui disturbi correlati come l’ipoacusia di conduzione , che colpisce tipicamente i suoni con bassa frequenza.
DEEP & CROSS
Il morso profondo dentale ( deep bite ) è stato associato alla Dte , ma potrebbe trattarsi di una semplice coincidenza, mentre l’associazione con il morso incrociato è molto più sostanziosa.
Il morso profondo, infatti, è spesso presente nelle malocclusioni di II classe dento-scheletrica, anomalia ortognadontica in cui le dimensioni rinofaringee sono inferiori al normale : proprio questa particolarità anatomica – e non la malocclusione –potrebbe spiegare l’associazione con la Dte e l’otite media, poiché si è visto che nei bambini con otite media ricorrente le dimensioni rinofaringee sono minori .
La correlazione con le dimensioni del rinofaringe fu dimostrata inizialmente con l’esame teleradiografico , individuando nella distanza tra spina nasale posteriore e linea sella-basion il fattore di rischio più significativo e dotato del più alto valore predittivo .
Più recentemente , tale correlazione è stata confermata con l’uso della risonanza magnetica , che ha rilevato una riduzione media di 2,2 mm. Delle dimensioni del rinofaringe nei bambini che avevano sofferto di otite media nel periodo di durata della ricerca ( un anno )
Il motivo potrebbe risiedere nella diversa disposizione del tensore del velo palatino e dell’uncino pterigoideo intorno al quale si avvolge ; tale differenza si ripercuoterebbe in un diverso orientamento della forza esercitata sull’ostio tubarico e in una minore efficienza del sistema di chiusura .
Molto più chiara, invece, è l’associazione tra Dte e morso incrociato ; tra le più recenti conferme c’è uno studio giapponese pubblicato pochi mesi fa ( Nagata A Evaluation of middle ear function in primary dentition children with posterior cross bite. Pediat Dent J. 2009;19(1);58-67).
L’autore ha esaminato un campione di bambini con morso incrociato posteriore monolaterale (età media 5.3 anni ) e lo ha confrontato con un campione di bambini con occlusione regolare della stessa età .
Tutti i soggetti sono stati sottoposti a timpanogramma ( noto anche come impedenzometria ) , esame che misura la resistenza opposta dall’orecchio medio al passaggio dell’ onda sonora e che fornisce informazioni anche sulla mobilità della membrana timpanica e sulla qualità dell’udito.
E’ opportuno ricordare che per la regolare conduzione dell’onda sonora è molto importante che la membrana timpanica conservi la sua curvatura ( mentre nell’ipoacusia la sua concavità aum,enta ) e che la catena degli ossicini sia libera di vibrare .
Il campione con cross bite mostrava, come prevedibile, una minore larghezza palatale, specialmente a livello dei primi molare decidui,e una differenza statisticamente significativa in alcuni parametri dell’esame impedenzometrico che risultavano anomali.
Inoltre, nel gruppo cross bite i risultati erano notevolmente diversi tra un orecchio e l’altro, anche se i soggetti erano asintomatici.
Non sono state invece riscontrate correlazioni con l’ampiezza della laterodeviazione mandibolare.
Tuttavia , considerando i noti effetti che questa caratteristica sull’articolazione temporo-mandibolare , non si può escludere che si producano alterazioni neuromuscolari in grado di influire negativamente sulla funzione dell’orecchio medio, come suggeriscono i risultati di altri autori che hanno sottoposto a timpanometria gruppi di pazienti con disfunzioni temporo-mandibolari.
A questo proposito è bene ricordare che i muscoli masticatori e il tensore del velo palatino condividono la medesima origine branchiale e la medesima innervazione .
Pertanto, una disfunzione dei muscoli masticatori ( come uno stato di ipertonia ) potrebbe ripercuotersi anche sul tensore del velo palatino alterando la funzione della tromba di Eustachio.
GLI EFFETTI DEL DISGIUNTORE PALATINO
Questo stesso muscolo potrebbe spiegare i benefici effetti del disgiuntore palatino nei pazienti con Dte .
Sono ben noti gli effetti ortognatodontici della disgiunzione rapida del palato, procedura sicura e prevedibile, ma non altrettanto lo sono le sue conseguenze sulla funzione delle trombe di Eustachio .
L’uso del disgiuntore diminuisce la resistenza delle vie nasali al passaggio dell’aria , riduce l’altezza palatina e rende il setto nasale più rettilineo .
Sulle cavità nasali , nel complesso, l’effetto di questa procedura comporta un aumento del volume di circa il 10% , come confermano ricerche eseguite con tecniche di tomografia e ricostruzione tridimensionale.
Il muscolo tensore del velo palatino mantiene chiusa la tromba che, altrimenti, si aprirebbe a causa della pressione negativa al suo interno .
L’apertura della sutura palatina mediana sotto la spinta della vite ortodontica metterebbe in tensione il tensore del velo palatino che a sua volta tende ad aprire la tromba di Eustachio .
A questo benefico effetto concorrerebbero pure le modifiche dei tessuti molli palatali e faringei .
Il risultato finale è il bilanciamento fisiologico della pressione tra i due spazi anatomici che permette alla membrana timpanica e alla catena degli ossicini di funzionare fisiologicamente .
In base queste premesse diversi gruppi di ricerca, tra cui alcuni italiani , hanno sperimentato l’uso del disgiuntore palatino nei soggetti con Dte .
L’idea, per la verità, non è nuova, dato che il primo caso riportato in letteratura risale al 1981 .
Una delle ultime pubblicazioni in merito giunge dal dipartimento di Otorinolaringoiatria dell’università di Chieti ( De Stefano A et al. Management of recurrent otitis media with rapid maxilary expansion : our experince . B – ENT 2009: 51 (1): 13 -7 ).
L’esperienza clinica degli autori dimostra che la Dte e i disturbi associate dell’udito non necessariamente
migliorano con l’adenoidedectomia e altri trattamenti chirurgici .
Per questo hanno usato la disgiunzione rapida del palato in 27 bambini ( età media 7 anni ) con otite media ricorrente e ipertrofia adenoidea .
I loro risultati positivi confermano quelli già disponibili in letteratura .
Nelle conclusioni gli studiosi scrivono che l’espansione rapida del palato può essere considerato un valido trattamento per prevenire l’otite media ricorrente in bambini con alterazioni anatomiche del mascellare superiore.